L’Economia

L’economia maranese ruota intorno all’agricoltura e al settore commerciale; dimenticate antichissime e nobili arti tipicamente maranesi,come la fabbricazione delle ceste e delle scale. Una tradizione millenaria che portava i prodotti maranesi sui mercati di tutt’Italia. In crisi anche le due colture tipiche di Marano: i piselli denominati Santa Croce,e le ciliege, dette della Recca. Una volta i piselli il 60% dei prodotti agricoli maranesi (rinomatissimi), si trovavano nei negozi di mezza Italia. Adesso resistono in pochissimi appezzamenti di terreno, soprattutto in prossimità di quello che resta della collina di Citta’ Giardino. Stessa sorte per le ciliegie della Recca,che per la particolarità di essere le prime ciliege dell’annata erano ricercatissime. Adesso restano coltivate in pochissimi posti. Altra risorsa per tante famiglie è stata per secoli la vendita delle pietre di tufo ( per la particolare formazione geologica del sottosuolo Maranese costituito dal tipico tufo giallo napoletano, è sviluppata l’industria estrattiva di questo materiale). I montesi (i vecchi cavatori) cominciavano a lavorare dalla tenera età, i ragazzini che non riuscivano a caricarsi le pietre sulle spalle le poggiavano sulla pancia, una “paranza”, una decina di persone, poteva produrre anche duemila pietre al giorno. Tagliavano il tufo con dei cunei e poi facevano le pietre con “smarra”( orta di piccone sconosciuto di cui si conserva gelosamente qualche esemplare) e martello. Il 5 aprile giorno di San Vincenzo, loro protettore era la loro festa oggi dimenticata. Alcuni Montesi (ne sono rimasti solo una trentina e in età avanzata) ricordano ancora una cantilena che cantavano nei giorni allegri e che serviva a ritmare il loro lavoro. Era composta di cinquanta strofe piene di “sconcezze” e alla fine della canzone sapevano di aver lavorato esattamente cinquanta pietre, una per ogni strofa.